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Miraggi di memoria

Miraggi di memoria

Molto tempo fa ho incontrato per caso Hugo Pratt, ho conosciuto prima lui e poi Corto Maltese, il suo personaggio più famoso.

Ho avuto la fortuna di imparare da lui, perfino di collaborare con lui.

Non sapevo niente di fumetti e questa, forse, è stata la chiave giusta, parlavamo di storie da raccontare, ma intorno alle storie c’erano sempre i suoi disegni, gli acquarelli, le strisce, gli story-board, riuscivo a vederle meglio quelle storie.

Poi un giorno Hugo Pratt se n’è andato non so dove e sono rimasto in silenzio, ho aspettato, ho ascoltato e assaporato lo scorrere del tempo.

Dopo un po’ ho iniziato a viaggiare con un fotografo, un grande Amico, Marco D’Anna, il miglior compagno di viaggio. Cercavamo storie da raccontare lungo gli Itinerari delle Avventure di Corto Maltese. Lui fotografava, s’intrufolava negli ambienti, aspettava la luce giusta e io mi guardavo intorno, cercavo spunti, volti e scrivevo racconti, ma grazie alle sue fotografie le vedevo meglio quelle storie, le sentivo crescere lungo la strada.

Alcuni anni fa ho iniziato a scrivere romanzi, Corto c’era, ma era volutamente un riflesso del Corto Maltese di Hugo Pratt, volevo inventare qualcosa di personale, qualcosa che avevo imparato da lui: non inseguire ma tenere la distanza, percorrere i sentieri meno battuti, rovistare fra fatti e personaggi secondari, soffermarmi sugli incontri casuali e così ho provato a raccontare l’avventura di un Corto Maltese giovanissimo, un ragazzino al suo primo imbarco che naviga dalla Scozia alla Sicilia.

Il Corvo di Pietra, pubblicato da Sellerio è nato così.

E mentre rileggevo il manoscritto appena terminato pensavo ai disegni che avrebbe potuto realizzare Hugo Pratt e allora mi sono buttato, ho chiesto a uno degli artisti che apprezzavo di più se aveva voglia di immaginare qualcosa per farmi vedere meglio la storia e Sergio Toppi ha dedicato al Corvo alcune splendide illustrazioni, è stato un immenso onore.

Poi è arrivato Oltremare, pubblicato ancora da Sellerio, e ho vissuto un’altra grande e sorprendente gioia, vincere il Premio Emilio Salgari di Letteratura Avventurosa nel 2016.

È stato proprio Emilio Salgari lo scrittore che da ragazzo mi ha aperto la porta al mondo dell’Avventura e del Viaggio.

Nella stessa occasione ho ricevuto un altro premio molto prezioso, un premio che non potrò dimenticare perché me lo hanno attribuito i detenuti della Casa Circondariale di Montorio in provincia di Verona.

Sono stati incontri intensi, ma la motivazione al premio che hanno scritto i ragazzi e le ragazze recluse è pura poesia:

“Le pagine di Oltremare per un po’ ci hanno fatto viaggiare, ci hanno fatto assaporare il sapore della libertà, siamo andati oltre i muri e le sbarre”.

 

 

 

 

 

Adesso arriva Miraggi di Memoria edito da Nuages.

Cristina Taverna, la storica gallerista di Hugo Pratt e di tanti grandi illustratori non solo italiani ha proposto a José Munoz di realizzare le sue illustrazioni per i miei 6 racconti.

Allora certe volte i sogni possono continuare.

Scrivere storie e poi ritrovarle nei disegni, acquarelli, fotografie, nei sogni degli altri significa vederle vivere in maniera diversa, attraverso altri occhi.

È un dono bellissimo, le parole viaggiano verso destinazioni impreviste. È come vivere in un incanto.

Siamo fatti di Memorie e di Sogni, le Memorie sono le nostre radici, ci fanno resistere al vento che ci vorrebbe strappare via o buttare a terra, i Sogni sono il nostro desiderio di andare, continuare, d’inventare qualcosa di nuovo per vivere davvero, sono i nostri rami che si protendono, sono le foglie che cercano un profumo nuovo, nel vento.

Quella che segue è la Sinossi di Miraggi di Memoria, nel libro ci sono 6 racconti nei quali la figura di Corto Maltese diventa un miraggio sempre più indistinto, però con José abbiamo navigato nel suo stesso mare e, forse, l’abbiamo incontrato.

Miraggi di Memoria

Corto Maltese è un eroe che non ha mai voluto essere un eroe ma soltanto un viaggiatore, questi racconti sono nati in viaggio lungo gli itinerari vagabondi di Corto.

Hugo Pratt, in tutte le sue storie ha lasciato piste, segnali da seguire, personaggi da sviluppare, luoghi e tesori da inventare per continuare a cercare perché il valore principale di Corto Maltese è proprio l’invito al viaggio, fisico e mentale.

Queste storie vogliono essere un omaggio ai valori di curiosità, fantasia e libertà che mi ha trasmesso Hugo Pratt.

Corto non è mai stato un fine, ma sempre un tramite verso qualcosa di diverso.

Una veranda su un’isola caraibica può essere il punto di partenza per un viaggio alla ricerca della musica e della sofferenza che si respirano fra le piantagioni di canna da zucchero o nei desolati porti dell’oriente cubano.

Le vette dei vulcani sudamericani, le isole perse nell’Oceano e lo sguardo dei Moai ci spingono a ricercare mappe e tracce dei mondi perduti di Atlantide e Mū.

Le frastagliate coste scozzesi sono l’ambiente adatto per provare a immaginare una storia che profumi di whisky, erica, muschio e nebbia come nei racconti di Stevenson.

Le storie di Corto Maltese non sono soltanto avventure, sono inviti a superare le apparenze.

Quando Hugo Pratt disegnava ho visto bellissime visioni scaturire dai suoi acquarelli, sembrava di guardare attraverso un cristallo magico.

Ho provato a raccontare quello che c’è oltre le immagini, ho provato a incamminarmi lungo itinerari fantastici che partivano dalle sue avventure o da percorsi reali, perché Corto è un invito a viaggiare liberi e leggeri oltre il tempo e lo spazio.

In un tango argentino c’è una frase che dice: “Oggi entrerai nel mio passato”.

Ci sono tre tempi in queste poche parole, il presente, il passato e il futuro.

I “Miraggi di memoria” sono questo: emozioni, visioni e ricordi lungo una strada vagabonda.

Chi meglio di José Muñoz poteva camminare lungo queste strade polverose o navigare fra queste liquide, ipnotiche rotte?

Ci voleva il suo realismo magico, i suoi vuoti e pieni, il jazz dei suoi segni neri, la musica dei suoi silenzi per raccontare un altro Tango nel cortile di un gommista di San Isidro, per seguire il viaggio di un gruppo di cacciatori di balene che incrociano un giovane Corto Maltese, per farci sentire il suono lontano di un tamburo africano o il profumo speziato delle ballerine caraibiche.

Non c’è un tempo preciso in queste storie, ci sono atmosfere, assenze, deviazioni, cambi di rotta per raccontare ancora una volta quel mondo di avventure che Corto ci invita sempre a ricercare.

Marco Steiner

ottobre 2018

 

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Irene di Boston

Irene di Boston

Il 10 luglio del 1887, secondo Hugo Pratt, è nato a Malta il suo personaggio: Corto Maltese.

Sono tanti anni che viaggio sulle rotte immaginarie di Corto e in tutto questo tempo ho provato a farlo inventando sempre qualcosa di nuovo, Irene di Boston è stata una di queste cose. ne riparleremo più a lungo, ma oggi 10 luglio 2018 volevo brindare alla Lunga Vita di Corto in questa maniera:

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Hy Brasil, l’isola inghiottita dalle mappe.

Hy Brasil, l’isola inghiottita dalle mappe.

Clifden, Connemara.

Il posto migliore per cominciare a girare nel Connemara, che in Irish significa “Insenatura del mare” è Clifden, la base di uno spettacolare circuito di 12 chilometri che viene chiamato non a caso “The sky road” (La strada del cielo) per un motivo semplicissimo, sembra davvero di volare a metà strada fra la terra e il Paradiso e non si capisce bene se sia la terra che cerca con mille dita d’allungarsi nel mare, oppure se sia proprio l’Oceano a cercare d’infilarsi per far riposare le onde in qualche anfratto fra il calcare e i prati.

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Bad Boys

Bad Boys

Bad Boys

Quando il cervello dice una cosa e la vita un’altra, è sempre il primo che ha torto.”

(Humphrey Bogart, nella parte di Frank McCloud nel film “Key Largo” di John Huston, 1948, tratto dall’opera di Maxwell Anderson)

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Kundry e il mago Klingsor

Kundry e il mago Klingsor

Kundry e il mago Klingsor

 Kundry o Erica oggi abita a Cully, vicino a Losanna. Ha un negozio dove si vendono vini, l’ha chiamato semplicemente “Vinoteque de la maison rose”.

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Hermann Hesse

Hermann Hesse

Chi una volta sola si è affidato alla sorte è un uomo libero”. (H.H.)

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Tropical Islander

Tropical Islander

Tropical Islander

La Tropical Islander, è la mia nave, è una grossa nave dallo scafo nero. E’ fredda e piena di scatole metalliche di ogni colore. E’ una portacontainer della New Guinea Pacific Line.

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The musical bridge

The musical bridge

The musical bridge. Il ponte musicale di Bellacorick.

 

Il bosco che si protende verso l’isola di Innisfree è nervoso, agitato. C’è un esercito di pini allineati che cerca di affacciarsi sul lago, ma rimangono impettiti, in silenzio, bloccati nella loro penombra. Davanti a loro, sulla scena, un intreccio di frassini e foglie.

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Cavalli selvaggi e serpenti di ferro

Cavalli selvaggi e serpenti di ferro

Cavalli selvaggi e serpenti di ferro.

 

“Verrà un tempo in cui la terra sarà molto noiosa da abitare, quando la si sarà resa simile da un capo all’altro e non si potrà nemmeno più cercare di viaggiare per distrarsi un poco” (Pierre Loti).

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Appuntamenti quasi impossibili

articolo comparso su Linus, luglio 2016

 

Il primo viaggio è iniziato all’improvviso, un fulmine in una giornata di sole. Ero vicino all’acqua e nelle zone liquide molte cose possono partire, specialmente i percorsi mentali. C’era un lago svizzero e Hugo Pratt appena rientrato dal più grande dei mari, il Pacifico. Voleva realizzare un libro di memorie e visioni. Testi, foto e acquarelli, aveva già il titolo giusto: Avevo un appuntamento.

– Voglio parlare di Stevenson, dello Yankee, un veliero arenato a Rarotonga, di Rain il libro di Somerset Maughan e dei film che ne hanno tratto, di Emma Coe, la regina dei mari del Sud, di pirati gentiluomini. Voglio raccontare la mia Isola del tesoro. Io disegnerò, le storie le scriverai tu, ti darò alcune tracce, il resto lo trovi o lo inventi.

Entrare nei sogni di un’altra persona, specialmente se si chiama Hugo Pratt, percorrere strade e acque in cerca di appuntamenti quasi impossibili, significa trasformare quel viaggio in un’avventura da vivere. Mi piace la parola “quasi” perché dentro c’è una sottile possibilità, un percorso non lineare, da immaginare, improvvisando rotte lontane da quelle tracciate. Hugo mi mise in mano un coltellino da tasca, uno di quelli che si piegano e servono per sbucciare le mele o affettare il salame. Manico di legno e lama affilata, semplice. Acuto e morbido nello stesso tempo.

– Prendi questo, quando non sai come aprire una porta, lavora di punta. Se non si apre e non sai come fare stringilo nel pugno e chiudi gli occhi, vedrai che in qualche modo sarai dentro. Corto ti aiuterà, lui se ne intende di lame che segnano il destino. Non ti darà consigli, forse t’indicherà una pista e ti farà compagnia per un po’, se avrai voglia di impegnarti a cercare e non sarai insistente.

Poi tutto si mescola nel tempo, le date iniziano a girare in una giostra d’immagini e ricordi.

L’ho trovato sul serio uno degli appuntamenti di Pratt, l’isola era Apia, la capitale delle Samoa, nel Pacifico dei suoi sogni, quello di Escondida e della “Ballata del mare salato”. Là c’è la tomba di Stevenson, in cima al monte Vaea. The road of the loving hearts è il nome della strada che porta lassù. Non c’è niente di più rudemente romantico per uno che ha raccontato storie di pirati tagliagole e uomini che si sdoppiano in bestiali Mr Hyde, che guidare i suoi visionari lettori lungo la strada dei cuori innamorati. Un sentiero difficile, una salita ripida, scivolosa. La foresta provava a chiudersi come una pianta carnivora per proteggere il sogno. Richiami di uccelli, ronzio d’insetti d’ogni dimensione che si accaniscono sulle caviglie. C’era un leggero ticchettio sulle foglie, come pioggia, erano petali di frangipani che si staccavano liberando il profumo nel vento.

Tusitala racconta storie silenziose da lassù, da una tomba che sembra una solida nave con la quale partire, o una casa, dove poter sempre tornare.

Quando ridiscendo al porto lo spettacolo è imprevedibile. Ci sono cinque catamarani usciti dalle pagine di Salgari, sembra d’essere a Mompracem, le vele di fibre intrecciate frusciano nel vento, gli equipaggi coperti di tatuaggi maori vengono dalle Fiji, Tonga, Samoa, Nuova Zelanda e Australia, vogliono dimostrare qualcosa: si può navigare in maniera tradizionale, senza strumenti, solo mare, vento, stelle e il volo degli uccelli per guidare le barche verso liberi destini.

Incontro uno di loro, è il cuoco di bordo della waka che viene da Auckland. Un tipo massiccio, pelato, ha due occhi chiari che trapassano lo sguardo. Immediatamente ci vedo una miscela di Corto Maltese, Pratt, Tarao e il cuoco di bordo dell’Ispaniola. E quel rude colosso, con un gesto gentile mi regala un osso di balena che ha appena finito di intagliare e lucidare. È un amo da pesca, mi dice, si chiama Hei Matau, rappresenta la baia di Hawke in Nuova Zelanda, uno scoglio scolpito da Maui, ma rappresenta anche l’unica cosa che serve a un pescatore per continuare a vivere e viaggiare. Quella notte il coltellino di Hugo Pratt incontra nella stessa tasca Hei Matau, si toccano e parte la scintilla.

Non so se stessi dormendo o sognando, forse ero sveglio e nella penombra vidi Corto Maltese. Era seduto davanti a me, silenzioso, fumava la sua sigaretta, aveva una mappa nautica sulle ginocchia. La cenere cadde sul mare, fra le Cayman e Cuba. La spazzò via, ma rimase una linea sottile, collegava le isole.

Mi guardò con una specie di sorriso.

–                    Non sono riuscito a raggiungere Rasputin a Cayman Brac quella volta, peccato, c’era un raduno di Gentiluomini di fortuna.

No osavo muovermi, figurarsi fiatare. Lui lascia andare una lunga boccata di fumo verso il soffitto. C’era un ragno nell’angolo, anche lui rimase immobile nella rete.

–                    Strano. Questo momento mi ricorda una giornata di fine 1916 e quel ragno potrebbe essere Nansi, l’animale debole, ma capace di adattarsi alle cose o fuggire sull’esile trama dei fili che si è costruito da solo. Per i neri delle isole, Nansi è l’amico, il compare, il ricordo della madre Africa, la speranza.

Io ascoltavo seduto sul letto, con le mani puntellate dietro alla schiena e non capivo più niente.

–                    Una tempesta può sbatterti su un’isola lontana, ma ti regala un incontro e da lì parte il viaggio che non avresti immaginato. A Cuba ci sono tesori nascosti e una montagna dalla cima tagliata. È un posto magico.

Nient’altro. Poi ci fu un colpo di vento e la finestra che si frantuma. Quel mattino anche il cuoco di bordo della Waka neozelandese se ne stava andando. Mentre la vela si apriva nel vento lui era a poppa, aveva fra le mani una grossa conchiglia e ci soffiava dentro. Quel suono non lo dimenticherò mai, era la voce del mare.

Dopo qualche tempo ero a Cuba, ai piedi di El Yunque, una montagna che sembrava tagliata da un colpo di sciabola e mi ritrovai coinvolto in una strana storia che mi riportava a Ogun Ferraille e a un musicista belga che cercava ricordi e risposte fra santeri e belle donne con capelli dai riflessi di miele. C’era un ketch ancorato nel punto in cui le acque verdi del fiume entravano in quelle turchesi del mare. Corto alzò un bicchiere di rum prima di salpare. L’ho incontrato altre volte in questi anni, da quando ho iniziato a viaggiare con il fotografo Marco D’Anna seguendo i suoi Itinerari imprecisi. L’ultima volta è stato nel Chubut argentino, eravamo sulle tracce di un suo vecchio amico, Butch Cassidy. Sapevo che s’erano incontrati due volte nella pampa a distanza di anni, ma non sapevo che alla fine di Tango, quando entrambi dovevano lasciare velocemente la Patagonia c’era qualcun altro con loro, uno strano personaggio, un cacciatore di indios, ma questa è un’altra storia.

Ci eravamo fermati da qualche parte lungo La strada, la Ruta 40. Avevamo notato un vecchio boliche con tanto di griglia e profumo di bistecche alte quattro dita. L’ambiente era completamente di legno, cadente, fumoso, sbeccato, il posto giusto. Fuori c’erano immensi pioppi coperti di foglie gialle che nel vento lasciavano piovere petali di sole. Il cielo da un lato era turchese perfetto, dall’altro era coperto da dense nuvole nere. Corto era seduto là dentro, non fumava, si girava fra le mani un oggetto bianco. Mi avvicinai. Era l’amo d’osso di balena Hei Matau. Misi istintivamente la mano in tasca, il mio era al suo posto, vicino al coltello.

–                    Non cercare le cose che tutti sanno, non seguire strade logiche o ben segnate. Perditi e a vaga oltre la Linea d’Ombra, tanto so che ti è sempre piaciuto. Vedrai che qualcosa o qualcuno ti porterà un poco più in là. E se per caso dovessi sbattere il muso su una porta sbarrata, aspetta e goditi quello che trovi, magari una veranda all’ombra delle palme. Ti aspetterò in Cornovaglia, c’è qualcuno che ha scritto un diario, parla della mia gioventù, ma ricordati che le storie hanno sempre due facce e la più bella è quella nascosta.

Grazie a Hugo Pratt e a Corto Maltese ho imparato che viaggiare non è guardare, ma scostare tende impolverate, girare dietro alle case e infilarsi nei vicoli dimenticati, chiudere gli occhi e stringere in mano un oggetto che aiuta a sentire la musica giusta, quella vera.

 

Marco Steiner

 

 

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