Dentro Irene of Boston

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Dentro Irene of Boston

Dentro Irene of Boston

Vorrei entrare fra i tuoi legni stanchi, Irene.
Vorrei chiudere gli occhi e sentire la pioggia sottile di quel giorno di giugno del 1914, in quel Lincolnshire che non conosco, nel sud-est dell’Inghilterra. Non c’è il mare a Boston, c’è solo un fiume e un porto che avevano scavato qualche pugno d’anni prima per farci arrivare i mercantili a caricare il carbone.
Tu, invece, profumavi di legno e vernice in quello spento grigiore.
Irene, come la figlia del mastro d’ascia che ha saputo scegliere, toccare, odorare quel ceppo di legno originale sul quale ha modellato e incurvato ogni tavola.
Quel mastro, non poteva chiamare il sindaco a spaccare la bottiglia contro il mascone, per poi farti partire.
Ha chiamato sua figlia, per guardare quel lungo bacio sul legno.
Chissà se era bella Irene. Sicuramente lo era. E suo padre felice.
C’era una chiesa laggiù con un gran campanile a seguire dall’alto tutta la scena.
Strana chiesa quella di St. Bandolph a Boston.
Una chiesa che racconta, a suo modo, il passare del tempo.
12 pilastri come i mesi, per reggere il tetto. 52 finestre come le settimane, per far entrare la luce. 7 porte, come il numero dei giorni, per entrare ed uscire. 365 gradini, come i giorni dell’anno, per salire in cima alla torre. 24 gradini, come le ore del giorno, per arrivare alla Biblioteca. Altri 60 gradini, come i minuti e i secondi, per raggiungere il tetto.
E poi, St. Bandolph con le reliquie sparse in tanti luoghi da farlo diventare il patrono dei viandanti e dei viaggiatori. 17 giugno per St. Bandolph. Chissà in quale giorno di giugno sei scesa in acqua per nascere anche tu.
Hugo Pratt era nato lì intorno, il 15 giugno.
Forse è il destino che mi ha portato qui, Irene, a guardare fra i tuoi legni che sembrano sfiniti, ma che raccontano altre storie e memorie di quel mare di cui si sono imbevuti.
Boston, mi fa venire in mente un’altra nave, la “S.S. Bostonian” il cargo che trasportava bestiame dalla Boston americana a Liverpool.
Tu, Irene, non eri ancora nata, nel 1910, e su quella rotta, Corto Maltese era il secondo ufficiale.
In uno di quei viaggi s’imbarcarono due ragazzi americani, John Reed che sarebbe diventato un giornalista e un suo amico, un certo Pierce. Ma la vita a bordo non era facile, Irene, e quelli erano ragazzi universitari con le mani eleganti che si spaccavano a forza di tirare scotte, spazzare il ponte e sbucciare patate su una nave che puzzava di vacche ammassate nelle stive. Così mentre John Reed, il più tosto, resisteva, alla prima occasione, Pierce disertò e saltò su una ben più comoda nave di linea che l’avrebbe riportato a casa a mangiare bistecche e aragoste del Mayne.
Ma quando un uomo scompare su una nave, il Comandante fa partire un’indagine, e se finisce che nella cabina che Pierce divideva col compagno Reed ci sono ancora i documenti e i soldi di Pierce, si fa presto a condannare l’ignaro Reed di quell’omicidio senza cadaveri.
Del resto bisogna anche dire che non è poi così raro che due marinai facciano a cazzotti ubriachi sul ponte e che qualcuno di notte cada fuori bordo risucchiato dal nero.
Fu così che Corto, quando venne a sapere come erano andate veramente le cose dalla voce di John Reed, gli diede fiducia. Quel ragazzo che veniva da Portland, nato nel 1887, proprio come lui, e che si era appena laureato ad Harvard scrivendo poesie e racconti, in quel preciso momento, secondo l’esperienza di Corto, stava dicendo la verità. Quello non era il solito viziato uscito dalla classica famiglia benestante e borghese, anzi, Reed aveva preso quella nave proprio per capire come vivono gli uomini veri, i marinai, e per girare il mondo, per sentire e vedere quello che stava succedendo in Europa.
C’era ben poco da fare sulla nave, Corto provò a convincere il Comandante, ma non ci fu nulla da fare e così Reed finì ai ferri. Corto allora mobilitò i marinai che viaggiavano su navi più veloci e grazie a questi contattò i suoi amici che vivevano in Inghilterra.
Fu così che quando Reed comparve davanti al Tribunale di Manchester per rispondere della pesante accusa di omicidio, Corto fece la cosa più eclatante e conclusiva senza fare ricorso a inutili avvocati, trascinò in aula Pierce, rintracciato attraverso i suoi amici. E Pierce, vergognandosi per quello che stava per provocare, a testa bassa, spiegò tutto.
La gente iniziò a ridere e ad applaudire, i ragazzi si abbracciarono, Reed fu, ovviamente, assolto e rilasciato, ma chi non digerì la commedia a lieto fine fu proprio il Comandante.
Non perdonò Corto per la figura ridicola che gli aveva fatto fare.
Questa storia, costò a Corto Maltese la carica e l’essere per sempre additato come un membro non gradito fra i capitani della Marina mercantile.
In pratica, Corto, grazie a quella storia di Reed e del “Bostonian” divenne un “gentiluomo di fortuna” e iniziò i suoi traffici fra le Antille e il Brasile.
Ma perché ti sto raccontando tutto questo, Irene? Ah, già, per Boston, la tua città.
No, non è solo per questo, forse soprattutto perché quando sono davanti al mare, accanto ad un legno imbevuto di storie che profumano di salmastro e libertà, non m’interessa se le tue fibre si sono spaccate, se i chiodi sono arrugginiti e le schegge appuntite, tu sei sempre un grande invito ad andare.

6 Comments


  • Le tue parole belle come una carezza per Irene.

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    • voglio bene a Irene
      voglio bene alla memoria
      e a chi mi ricorda che le radici sono importanti
      e diventa ancora più bello il vento e la libertà


  • Romantica e triste la sua fine ma voglio puntualizzare : non è vero che nessuno ha tentato di riportarla al suo splendore , personalmente il sottoscritto nel lontano 1983 fece un viaggio da Venezia a Brucoli (Catania) dopo aver lungamente condotto le trattative per acquistarla con dei ragazzi di Milano proprietari allora della barca . Irene quando arrivai sul posto si trovava semi sommersa sul fianco sinistro con ancora tutte le sue vele color mattone nuove sui boma, mi ero fatto carico anche delle spese di recupero in quanto essendo un operatore sub, la cosa non mi spaventava . La cosa invece che mi ha fatto desistere mio malgrado è stato la totale contrarietà di due o tre persone del luogo che evidentemente godevano di un certo peso nell’imporre il loro volere tanto che non mi hanno permesso nemmeno di farmi traghettare da un gozzeto di un vecchio pescatore che si era offerto il quale alla vista di questi signori abbastanza impaurito ha fatto retromarcia ed evidentemente impaurito mi fece capire era meglio così per lui e per noi. Stessa situazione la trovai in un piccolo bar della zona dove mi osai chiedere informazioni su questo atteggiamento ostile e dove non hanno esitato a minacciarmi se mi facevo vivo. Non ho fatto fatica a capire che la situazione era molto pericolosa . Riparlai con i proprietari ed addirittura sul prezzo pattuito feci una offerta maggioritaria di altri 10 milioni con la barca a Crotone e altrettanto mi confermarono tutte le angherie e avvertimenti che avevano subito quando Irene lavorava per un villaggio turistico nei pressi .ora a distanza di anni mi è capitato di vedere per curiosità la fine attuale e leggere tutti questi insensati , politici e non tentativi di ricupero,quando ora mai era troppo tardi. Non potendo fare più nulla ho acquistato una corallina Maby ad Ischia riportandola al suo antico splendore come avrei sicurante fatto con Irene. Giampaolo Scarpa

    Rispondi

    • Grazie Giampaolo bella storia, davvero un peccato. In seguito Irene è stata recuperata e portata a Pozzallo, dov’era in condizione di essere salvata, ma con il tempo…è finita nell’oblio.
      Peccato davvero se ci fossi riuscito tu nel 1983 sarebbe ancora in mare.
      Grazie,
      Marco


  • Irene di Boston la grande mia più grande compagna di navigazione in tutto il mediterraneo negli anni 1976-1982

    Rispondi

    • mi farebbe molto piacere se potesse raccontarmi qualche dettaglio o magari delle foto,
      molte grazie.
      Marco Steiner
      777steiner@gmail.com

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