Irene of Boston conversation avec Corto Maltese di Francesco Cafiso

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Irene of Boston conversation avec Corto Maltese di Francesco Cafiso

Francesco Cafiso,

ho appena ascoltato il tuo disco, “Irene of Boston conversation avec Corto Maltese” e inizio dicendoti sinceramente: “Grazie”.

Sembra una frase ovvia, banale, ma vuol dire molte cose, Grazie per il Tempo che mi hai regalato ascoltando la tua musica.

Ho scritto Tempo con la maiuscola perché mi hai fatto fare un viaggio avanti e indietro non solo nel mio tempo, mi hai portato a ripensare e a ricordare momenti vissuti e momenti sognati.

Da dove viene questa tua musica?

Da dove viene il nostro incontro?

Chi è che combina certi ingredienti?

Chi è che mischia le carte?

Chi decide da quale parte spira il vento?

Sono passati tanti anni dal giorno in cui Vincenzo Cascone mi portò a Pozzallo su quella spiaggia che i pozzallesi chiamano “ A’ Valata” o “Balata” o, per le mie orecchie, Ballata, come la storia più famosa di Corto Maltese, “Una Ballata del Mare Salato”.

E guarda caso c’era un veliero spiaggiato laggiù su quella costa siciliana che guarda verso Malta e si chiamava “Irene di Boston 1914” quella barca sfasciata.

Era scritto proprio così con belle lettere nere sulla poppa del veliero.

Grazie a Vincenzo Cascone, alle amicizie, al caso, alla curiosità, siamo riusciti a trovare l’ultimo proprietario e a scoprire la lunga storia di quella barca e a lasciar partire l’immaginazione per un viaggio che Lei meritava.

Ma perché la storia è andata avanti?

È questo che mi chiedo proprio ora. Sarebbe stato molto più facile fare una bella fotografia nostalgica e romantica di quel vecchio veliero adagiato sul fianco e pronto a sparire per sempre.

Quando sei arrivato hai portato la tua grande energia, c’erano le foto di Marco D’Anna, i disegni di Giovanni Robustelli, ma da lì siamo partiti per realizzare un grande sogno:

la performance multimediale di quella barca, Irene di Boston, che dialoga con Corto Maltese al Festival di Filosofia e Musica di Tournai in Belgio, era il 1° settembre del 2017, ma questo lo sai.

Quel giorno c’erano gli attori, i video di Vincenzo, la danza magica di Marielle, Giovanni che disegnava dal vivo, tu che suonavi sax, pianoforte e flauto, i disegni di Corto che fluttuavano sulle vele e una cattedrale piena con 700 persone incantate.

E dopo tutta questa meraviglia tu che cos’hai fatto?

Con tutta la tua energia hai continuato quel sogno, hai continuato il viaggio di Irene con la tua musica. L’avevo scritto che c’era un’anima dentro a quel veliero usurato dal tempo e tu l’hai ascoltata, l’hai afferrata col cuore e ce l’hai raccontata in una maniera meravigliosa.

Bisogna essere caparbi e visionari per comporre una serie di brani dedicati a questa storia e poi andare a Londra per inciderla insieme alla London Symphony Orchestra e un equipaggio di magnifici solisti.

Non mi metterò a scrivere un commento musicale su questo tuo lavoro, Francesco, lo faranno meglio di me tanti grandi esperti di jazz perché tu sei un grande del Jazz, ti ho visto a New York dialogare con Wynton Marsalis e suonare in jam session improvvisate nei locali Downtown, no io ti racconterò soltanto le sensazioni che ho provato ascoltando la tua musica.

E così ti racconterò il motivo per cui ti dico grazie, come se fosse un titolo:

perché mi hai regalato una cosa rara, mi hai regalato il Tempo.

Oggi sono uscito di casa e ho iniziato a camminare lungo la sponda del Tevere dove la città sembra così lontana e si vedono soltanto i ponti e le grandi meraviglie immortali di Roma, Castel Sant’Angelo, la cupola di san Pietro, l’isola Tiberina, i gabbiani che volano rasenti al fiume e l’acqua che scorre fra queste pietre antiche.

Laggiù, sul Lungotevere, mi sono infilato le cuffie e la musica è iniziata.

Prima di ascoltarla mi avevi detto solo questo:

  • Marco, ascoltala con calma, senza interruzioni, in cuffia, vedrai, sarà un viaggio.

È stato proprio così, Francesco, camminavo e ogni cosa diventava lontana, ci si è messo pure il sole a bucare i grandi nuvoloni carichi di pioggia e a indorare le pietre di ponti e bellezza.

Ero sopraffatto da tanta bellezza che a ogni passo veniva sottolineata e lucidata dalle tue note, in certi momenti, ascoltando il tuo sax in Corto Maltese mi sembrava di viaggiare nel vento in barca insieme lui…

Poi, all’improvviso, è arrivato “Fluid Remembrance” è ho iniziato a sentire le note leggere del pianoforte di Mauro Schiavone e l’orchestra che lentamente entrava con fiati e corde pizzicate e poi violini, percussioni…lì sono entrato in un film.

Ho aspettato fino alla fine cercando il suono del tuo sax che in ogni altro pezzo regalava quella magia che conosco molto bene, ma tu non arrivavi mai.

Ho pensato che avessi suonato il flauto e che le mie orecchie non ti avessero riconosciuto.

Invece non c’eri.

È un capolavoro tutto questo tuo disco, amico mio, il brano Corto Maltese non poteva essere più centrato e Bocca Dorata e Seasons of a Dream e tutto il resto, ma te l’ho già detto, io non voglio fare un commento musicale, voglio solo raccontare quello che è successo a me lungo il fiume.

Francesco, ci vuole un grande musicista come te per decidere di non partecipare a un pezzo come Fluid Remembrance, ci vuole un grande musicista per vedere così lontano, per sapere quando lasciare andare la nave libera nel vento per godersi soltanto lo scivolare sul mare.

Mi hai fatto tornare ragazzo, Francesco, e te lo voglio raccontare.

Quando andavo alle Medie, ai miei tempi c’era un insegnamento che oggi sarebbe considerato inutile e anacronistico, lo chiamavano Educazione Musicale, non dimenticherò mai quel professore perché è stato, in fondo, il mio Maestro Segreto, è lui che ha iniziato a farmi scrivere.

Il maestro entrava in classe in silenzio, appoggiava un piccolo giradischi sulla cattedra, collegava la spina, tirava fuori da una cartella di cuoio un vinile, nascondeva la copertina, lo posava con cura sul piatto e lo faceva partire senza dire altro che queste parole:

  • Raccontate quello che vedete o immaginate con questa musica.

La lezione durava un’ora, la metà era dedicata all’ascolto, poi c’era il resto. Molti si guardavano perplessi, ma alla fine tutti scrivevamo qualche cosa, poche frasi, un tema, quello che volevamo, quello che ci veniva in mente, a lui non interessava la lunghezza.

La settimana successiva prima di farci ascoltare qualcos’altro leggeva il tema migliore della lezione precedente.

Quel giorno toccò al mio tema, fu una grande sorpresa.

Avevo raccontato la storia di un fiume che scorre verso il mare con vari passaggi che, ovviamente, adesso non ricordo, quello che non dimenticherò mai è che lui mi fece i complimenti e ci fece vedere la copertina, era “La Moldava” di Smetana.

Quella musica mi aveva raccontato lo scorrere del fiume, ma adesso, Francesco, mi è successa la stessa cosa e questa volta sei stato tu che mi hai riportato a quel momento, in quella classe, ma non soltanto a quel momento e non solo perché stavo camminando lungo il fiume, il viaggio che le tue note sono in grado di aprire è quello verso l’Immaginario.

C’è un’avventura di Corto Maltese, la mia preferita, che s’intitola Mū, parla di un continente perduto o forse sognato, ma la chiave di questa storia, quello che coincide con questo tuo lavoro è che la musica aiuta a raggiungere livelli diversi, passaggi, transiti fra concetti razionalmente impensabili.

Oggi, guardando Roma dal basso del Tevere mi hai fatto ripensare al primo momento in cui ho ascoltato i tuoi accordi iniziali per Irene, quelli che hai suonato al pianoforte a Venezia e in questo momento mi succede la stessa cosa, cammino lungo l’acqua che scorre e la città è lassù, in alto e il mio sguardo scopre le volte e i mattoni dei ponti, le cupole delle chiese, le nuvole, esattamente come a Venezia, una città che bisogna guardare dall’acqua, con il naso all’insù per vedere i merletti dei palazzi, per godersi la bellezza in tutto il suo silenzioso splendore.

Questo disco, Francesco, è un veliero che naviga nella bellezza, è un tappeto volante incurante del tempo e dello spazio, sei riuscito a spargere fra i brani suoni orientali e percussioni caraibiche, sentori di spezie lontane e poi c’è il sorriso di Corto Maltese, il suo contagioso desiderio di viaggio e poi c’è lei, Irene, una donna che avrebbe potuto incontrare, una donna che noi abbiamo incontrato…

Grazie davvero, Francesco,

mi hai fatto viaggiare come piace a me, con la Fantasia.

 

Marco Steiner

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