L’ultima pista (Un romanzo a puntate) 3

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L’ultima pista (Un romanzo a puntate) 3

tre

Il dossier di Louise e Pedro Mangini, l’amico che scriveva per “La Razòn”, uno dei quotidiani serali di Buenos Aires, si presentava lungo e complesso.

Il documento doveva essere affidato ad Albert Londres, un celebre giornalista dell’epoca impegnato a redigere un fascicolo di denuncia sul fenomeno dello sfruttamento della prostituzione di donne provenienti dalle zone più povere dell’Est europeo, soprattutto dalla Polonia.

Buenos Aires, 27 maggio 1923.

Preg.mo Sig. Londres,

grazie alla testimonianza della mia amica Louise Brookszowyc, nata a Varsavia nel 1897, prostituta per necessità in Buenos Aires, sono riuscito a raccogliere una dettagliata documentazione relativa al traffico di giovani donne provenienti dalla Polonia e da altri paesi dell’Europa Orientale. Tale dossier intende documentare in maniera inequivocabile il legame che unisce inestricabilmente il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione a quello della malavita organizzata

Sono rimasto impressionato nel profondo dai suoi reportage trasmessi dal fronte di guerra europeo, da quello sulla Russia dei Soviet e soprattutto da quelli riguardanti l’Indocina, l’India e la Cina.

Ho ragione di ritenere che il materiale ora nelle mie mani, nelle sue diverrà un’arma efficace contro un traffico umano che si va trasformando in una piaga ormai accettata e che le autorità locali e il comune sentimento delle persone non hanno reale intenzione di sradicare né di sondare nei suoi aspetti più reconditi, in particolare la connessione con la malavita e con l’immenso potere economico dei latifondisti meridionali.

Un giorno lei ebbe a scrivere una frase che rappresentò la spinta per decidermi a intraprendere l’arduo e meraviglioso mestiere di giornalista, imponendomi immodestamente il suo stile come modello: «Il nostro ruolo non è quello di essere pro o contro, ma di mettere il ferro nella piaga».

Per tutte queste ragioni la ringrazio, signor Londres, e nel trasmetterle l’intera documentazione in mio possesso, mi auguro che la risonanza che susciterà il suo lavoro in tutto il mondo possa servire a conferire maggiore dignità umana a moltitudini di ragazze sprovvedute e soprattutto povere, a salvare vite umane e a denunciare disgustosi sfruttatori che svolgono la loro attività manifestamente o, ancor peggio, si nascondono dietro paraventi di attività legali e rispettate.

Con sincera ammirazione e gratitudine,

suo devot.mo e modest.mo

Pedro Mangini

 

L’indagine partiva da una vecchia amicizia di Pedro Mangini, Laurentino C. Mejias.

Laurentino era un poliziotto in pensione che non amava starsene con le mani in mano e aiutava Mangini a scrivere i pezzi di cronaca nera. Nella sua lunga e onorata carriera era stato capace di guadagnarsi buoni rapporti con tutti, colleghi, malavitosi e gente di strada. Aveva un carattere aperto, affabile, sapeva come muoversi fra gli schedari della questura e aveva amicizie fidate in ogni locale e in ogni strada malfamata di Buenos Aires. Inoltre conosceva alla perfezione il tipo di armi che usavano i delinquenti abituali e quelle preferite dai gringos che venivano da fuori.

Insomma, Laurentino C. Mejias aveva l’esperienza di un poliziotto che ha osservato da vicino un’infinità di situazioni criminose, ha arrestato centinaia di delinquenti e ne ha frequentato per lo meno altrettanti, che è nato e vissuto da sempre nella stessa città.

Quando aveva perso la moglie si era dovuto arrangiare in casa con la figlia Lara e oltre al lavoro non gli era rimasto molto tempo per altro. Ma quel poco che aveva lo impiegava a leggere e a scrivere. Nel 1913 aveva pubblicato La policia por dentro: Mis cuentos, un saggio che documentava i rapporti fra politici e poliziotti corrotti e i prosseneti polacchi ed ebrei.

Dalla pubblicazione di quel libro Laurentino aveva ricavato tre cose: un encomio, la pensione e la solitudine. Era rimasto vivo solo per un motivo, i nomi citati erano già conosciuti, appartenenti a inchieste archiviate, legati a fatti inequivocabili ma ormai obsoleti.

Di cose da raccontare ce ne sarebbero state parecchie altre, ma Laurentino aveva Lara e aveva preferito tacere, indagare per conto proprio, e parlarne solo con chi meritava fiducia assoluta. Pedro Mangini.

Un pomeriggio Laurentino chiamò l’amico al telefono.

«Andiamo a prenderci un caffè, Pedro, ho bisogno di domandarti un favore.»

Si sedettero al consueto bar e ordinarono i caffè e due bicchierini di rum. Laurentino mise lo zucchero nella propria tazza e in quella di Pedro, un cucchiaino per il giornalista, mezzo per sé. Caffè, un sorso di rum, e rimase in silenzio finché il cameriere non si fu allontanato. Pedro aspettava.

«Devi seguire Lara.» Fissò l’amico negli occhi e con un sorso terminò il rum. «Prende lezioni di tango e frequenta una certa Louise, una polacca della Warsavia. Sembra una normale amicizia fra ragazze che amano ballare, ma io non sono tranquillo.»

«Allora questa volta toccherà a me fare il poliziotto. Ma stai tranquillo, Lara è una brava ragazza.»

Si accesero due sigarette.

«Cerca di essere discreto, non deve capire che stai lavorando per me. Mi vergogno a chiedertelo, ma tu sai quanto tengo a mia figlia, e quella gente non mi piace.»

«Sono già con loro a ballare il tango, fidati di me. Ti capisco.»

«Tu non puoi capirmi fino in fondo, tu non hai figli. E questa volta ho cattivi pensieri.»

Pedro non avrebbe potuto desiderare un incarico più piacevole. Lara era fresca e solare, guardarla ballare era uno spettacolo inebriante e, giorno dopo giorno, era diventata sempre più intima di Louise.

Da principio Pedro partecipò solo marginalmente a quel rapporto, poi, con il passare del tempo, s’introdusse nelle loro reciproche confidenze.

Le osservava chiacchierare per ore, fumava una sigaretta dopo l’altra, e aspettava. Durante la stessa serata, o il giorno successivo, Louise si confidava anche con lui, se non era Lara a parlare. Era un rapporto particolare fatto di affetto, tenerezza, confidenza. Pedro venne a sapere tutto della vita di Louise. Da lei direttamente, oppure tramite Lara, e anche da Laurentino.

Louise apparteneva a una organizzazione di prostitute gestita da un gruppo di ruffiani ebreo-polacchi, la Warsavia.

Era arrivata a Buenos Aires nel 1920 da un paesino dal nome impronunciabile non lontano dalla capitale polacca.

Un giorno un uomo ben vestito e rasato di fresco aveva bussato alla porta di casa sua con una lettera di presentazione da parte di un amico d’infanzia di suo padre.

Caro Pavel,

la persona che ti consegnerà questa lettera è il signor Poniatowski, una persona rispettabile, un ebreo polacco benestante, pensa che possiede una grande macchina americana e vive in un appartamento lussuoso nel centro di Buenos Aires. Il suo desiderio è di sposarsi con una brava ragazza della sua terra per farla vivere con lui in questo mondo ricco e caldo ma tanto lontano dalle nostre abitudini semplici.

Si occuperà di lei per sempre e ti invierà la somma di cento zloty al mese per dimostrarti la sua eterna gratitudine.

Ho pensato che tu meritassi questo piccolo aiuto dal tuo vecchio amico Anton e penso anche che Louise si troverà bene da queste parti.

Bevi con il signor Poniatowski un buon bicchiere di vodka alla mia salute e ricordati che se un giorno ti stancherai di tutto quel freddo, qui ci sarà sempre un posto anche per te.

Il tuo vecchio amico Anton

I due uomini avevano cenato, bevuto la vodka migliore e poi spaccato i bicchieri per terra prima di firmare il contratto. Poniatowski avrebbe inviato alla famiglia Brookszowyc cento zloty al mese per tre anni e si sarebbe occupato di Louise.

Il giorno dopo, le lacrime trattenute in fondo al cuore, Louise era partita per l’America.

Avevano preso un treno per la Francia e durante il viaggio erano rimasti in silenzio. La traversata in nave da Le Havre a Montevideo era durata quasi un mese e Poniatowski si era comportato sempre con correttezza verso di lei, una cortesia tanto rispettosa da sembrare fredda e distaccata per un futuro marito. Tuttavia Louise non si era lamentata di certo.

Louise faceva una cosa sola, guardava.

Guardava tutto quello che le si muoveva intorno. Guardava il mare, la gente elegante sul ponte di prima classe, i salotti, le gonne e i cappellini delle donne, le scarpe lucide e gli orologi con la catena d’oro degli uomini, le valigie con lo spago, i berretti scuri e la barba lunga degli emigranti, le luci dei porti.

Toccarono Bilbao, Oporto, Tenerife, Dakar e poi fecero il grande balzo e attraversarono l’oceano fino a Rio de Janeiro, Santos e, infine, Montevideo. Poniatowski passava lunghe ore da solo sul ponte della nave, fumava e fissava il mare.

Da Montevideo si erano diretti a nord a bordo di un battello fluviale lento e maestoso, il “Mihanovich”, e in una notte in cui sembrava di poter toccare i milioni di stelle che incombevano sulle loro teste, avevano attraversato il grande Rio de la Plata ed erano sbarcati a Buenos Aires. Dal freddo grigiore della Polonia ai 36° di latitudine sud.

Del momento dello sbarco Louise ricordava soprattutto la luce del sole violento e accecante che riempiva quell’immensa città. Perfino la notte era inondata di luce. Buenos Aires era percorsa da fiumi di luce, milioni di lampadine che rivestivano tutte le case, lampade che illuminavano le strade, insegne luminose sui negozi, luci bianche che rischiaravano la strada davanti alle macchine e luci rosse che le seguivano. Luci, tante luci, troppo abbaglianti per i suoi occhi abituati al grigiore di un sole malato. Ma la città era inondata anche dagli uomini. Uomini che camminavano senza donne, uomini che bevevano senza donne, uomini che mangiavano senza donne, uomini che parlavano fra loro, uomini che la guardavano, anzi la squadravano da capo a piedi.

Louise si era guardata intorno in silenzio, attenta a non perdere di vista il taciturno e gentile signor Poniatowski. Ma non conobbe mai neanche il suo nome. Un giorno sparì e Louise non lo vide mai più.

Vide solo i suoi amici, e poi gli amici degli amici.

La prima realtà di quella scoperta?

Louise, la mia bisnonna, era una prostituta di Buenos Aires.

Avevo voglia di richiudere tutto e andarmi a ubriacare.

Se non fosse stato per la poesia di mio nonno.

Eppure, lei aveva cercato di ribellarsi a quel sistema, di trovare un riscatto, un’altra strada.

Proprio quello che serviva a me.

Ma chi era Louise?

Sentivo che dentro ai fogli ingialliti di quel dossier, le foto, le lettere, c’era qualcosa d’importante.

In fondo, non sapevo nulla della mia famiglia e volevo riempire quel vuoto, sentivo che là dentro c’era una pista che dovevo seguire.

Il dossier di Pedro era la storia, le lettere di Louise erano i sentimenti, e io avevo molta voglia di sentire qualcosa, poi, più lentamente, avrei saputo.

Incominciai dalle lettere di Louise a Corto Maltese, l’uomo che aveva salvato la piccola Mania, mia nonna.

 

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