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Nowhere train. Il treno che scivola fuori del tempo.

Nowhere train. Il treno che scivola fuori del tempo.

The nowhere train

Mi sveglio all’alba e il Taj Mahal è scomparso,

se n’è andato da qualche parte, avvolto nella nebbia.

Anche il treno non arriva, un’ora, due, tre, forse di più.

Il silenzio riempie il vuoto del binario insieme a passi stanchi, occhi vuoti.

Treni e vagoni fermi sono carichi di merci, sacchi di juta, pacchi avvolti nella plastica.

Una vacca passeggia tranquilla e le scimmie si aggirano in cerca di cibo da arraffare,

salgono sui piloni arrugginiti per scendere in picchiata verso una busta abbandonata.

Gli storpi arrancano sulle stampelle, bambini e vecchi protendono mani senza speranza, tanto la loro vita non cambia.

Una luce lontana, e il treno sembra uscire da un miraggio, da un miracolo.

È carico di umanità vociante e fantasmi grigi addormentati in posizioni assurde.

Una lunga eterna sosta. Uno scossone, e il mondo si muove,

il paesaggio scorre lento, avvolto nella nebbia

m’avvolgo nell’indefinito, in me stesso, scendo dentro,

spero di arrivare, penso di arrivare, ma qui è tutto kismet, destino.

Un vago timore lentamente si scioglie nel movimento,

i pensieri si staccano come foglie nel vento, volano lontani.

Ha ragione Camus quando dice che “viaggiare non è un piacere perché il piacere ci allontana da noi stessi…”, questo è cercare, fuori, ma soprattutto dentro, un movimento diverso,

forse il distacco che rende puro e sincero lo sguardo.

Gli occhi sono aperti, potrebbero essere chiusi, tanto è lo stesso, come gli altri sensi.

Le voci, le risate sguaiate, l’odore speziato del cibo, sono un’eco di una lontana realtà.

Non ho la minima idea dell’orario,

non ricordo nemmeno la data di questo momento perché tutto si dilata.

Il viaggio scivola fuori dal tempo,

potrei rientrare nella realtà, ma non serve.

Quando si vive il Kismet, ci si lascia sciogliere, come ghiaccio nel fiume,

una lenta trasformazione, il resto è fluire.

Fuori scorrono campi verdi, fiori gialli, alberi, case, uomini chini sulla terra,

accucciati a guardare il tempo che scorre senza andare in nessun luogo

E il treno che passa per un breve momento, come una mosca, un uccello.

Non serve sapere dove sono, il nome della città, di quel tempio lontano.

Non viaggio per sapere cosa incontro lungo la strada,

viaggio per sentire ciò che mi parla e mi cambia, lungo la strada.

La sensazione è libera, vola più lontana della conoscenza.

 

Marco Steiner 6/1/17

 

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