Venezia.
Fondamenta degli Incurabili. Un giorno qualunque, perso nel tempo.
– Allora marinaio, ti sei convinto che anche una barca può parlare?
– Beh, veramente ho sempre ascoltato le voci delle barche, ma non sono mai riuscito a conversare con loro…
– Forse perché non sei mai stato a Venezia, specialmente in un giorno come questo…
– Cosa c’è di speciale oggi?
– È il 25 aprile.
– San Marco, il patrono di Venezia?
– Si anche…ma è soprattutto la festa del Bòcolo.
– Cos’è il Bòcolo.
– Un bocciolo di rosa. Devi sapere, marinaio, a proposito, come ti chiami?
– Livio Brancati.
– Livio, devi sapere che tanto tempo fa, una bella e nobile ragazza, Maria, s’innamorò, profondamente contraccambiata, di un giovane bello, generoso, valoroso, ma troppo povero per poter chiedere la sua mano, Tancredi. Il ragazzo, per cercare di avere qualche speranza con la famiglia borghese di Maria, cercò di diventare almeno famoso, così Tancredi partì per la guerra fra i soldati di Carlo Magno e si coprì di onori. Pensò che a quel punto avrebbe potuto chiedere in sposa Maria, ma a pochi giorni dal rientro fu ferito mortalmente e cadde sanguinante in un roseto. Prima di chiudere gli occhi, strappò un bocciolo di rosa insanguinata e chiese all’amico Orlando di portarla al suo grande amore impossibile. Orlando mantenne l’impegno e la rosa arrivò a Venezia, era il 25 di aprile. Maria si chiuse nella sua stanza, con la rosa rossa del sangue del suo amato, pianse tanto, fino a consumarsi e…morì, anche lei.
– Una bella storia d’amore…
– Ci credi, Livio?
– Beh, è una storia tragica, ma io credo all’amore, anche se è molto difficile.
– In realtà, marinaio, l’amore più bello è proprio quello impossibile perché non ha bisogno di prove continue. E’ una specie di sogno, un bellissimo disegno in una nuvola, basta un soffio di vento per farlo partire.
– Già, ma non trovi strano che a parlarmi d’amore sei proprio tu, una barca?
– No, affatto, l’amore fra un marinaio e una barca può essere perfino più grande di quello per una donna.
– Forse è vero, ma non può durare.
– Allora ti racconterò la mia storia, Livio Brancati, basta che non mi chiedi date e nomi perché quelli si sono perduti nelle nuvole che vanno per mare. Questa è la mia storia, marinaio, la storia di “Irene of Boston 1914”.
Livio Brancati saltò a bordo e si sdraiò appoggiando la testa a un mucchio di cime, si accese una sigaretta e si preparò a partire per un altro viaggio.
– Sono nata a Boston, una piccola cittadina nel sud est dell’Inghilterra, ho iniziato la mia vita sul mare come pilotship, portavo i piloti a bordo delle navi che partivano per la guerra, non avevo alcun motore allora, soltanto le mie vele e non era facile manovrare in quei mari battuti dal vento e dalla fredda pioggia del Nord, ma gli uomini che manovravano il mio timone e le mie vele sapevano il fatto loro. Portavo uomini dal porto alle navi, dalle loro case alla guerra, fu un periodo triste perché molti di loro non sarebbero tornati. Dopo la guerra fu la volta di un ex comandante di lungo corso, un tipo interessante perché decise di prendere la sua intera famiglia e fare il giro del mondo, ci mise sei anni, dall’Inghilterra salpò verso Madeira e poi girò per due anni nel Mediterraneo, poi attraversò il Mar Rosso, Aden, Karachi, Bombay, Colombo, Singapore e proseguì verso il Borneo e attraversò il Pacifico fino alle Marchesi, si fermò a San Francisco per rifare le vele e poi ancora via verso Panama, Haiti, le Antille e New York e poi di nuovo l’Inghilterra, a Falmouth. Mi ritrovai a Malta, ma poi iniziò un’altra fase, quella più triste della mia vita, quella dei “charter”, mi noleggiavano ragazzi viziati, famiglie benestanti, ricchi imprenditori, non ricordo o non voglio ricordare nessuno di loro, fino alla fine della mia vita, quando anch’io trovai l’amore impossibile.
Un ragazzo appassionato di barche, di vele, di mare, di sogni. Del resto uno che si chiama Corallo e che abita in via del Mare a Pozzallo, cos’altro potrebbe fare?
Un ragazzo che riuscì a comprarmi dopo il mio naufragio, dopo riparazioni sbagliate, dopo rattoppi con legni fradici per sostituire le mie ossa di quercia inglese.
Quel ragazzo s’innamorò forse di un sogno impossibile e provò a combattere come Tancredi per la sua bella Maria, ma anche lui non riuscì mai a realizzare il sogno, non navigò mai con me. Riuscì a fare un solo viaggio per mare. Uscì dal porto di Augusta trainato da un peschereccio, si sdraiò in coperta, come stai facendo tu, marinaio, forse si fumò una sigaretta, forse riuscì a brindare con una birra o un bicchiere di vino, ma doveva guardare sempre verso poppa, verso il mare, per non vedere il peschereccio che stava trainando il suo amore.
Fu così che arrivò al molo di Pozzallo, dove il mastro d’ascia che avrebbe dovuto riportare Irene agli antichi splendori lo stava aspettando. Ma non tutti i sogni si avverano, marinaio, il mastro d’ascia morì poco tempo dopo, il resto è solo attesa, rabbia, tempo che passa, gente che parla, pioggia che scende e legni che alla fine si sfasciano…
Questa è la mia storia, marinaio.
– Sono rimasto senza parole, Irene
– Non servono tante parole, marinaio…
– Venezia, San Marco, la rosa, l’amore, la tua storia. Leggera, come una nuvola…
– Già, forse era un destino che c’incontrassimo a Venezia, marinaio, perché ”Ci sono a Venezia tre luoghi magici e nascosti: Uno in calle dell’amor degli amici; un secondo vicino al ponte delle Meraveige; un terzo in calle dei marrani a San Geremia in Ghetto. Quando i veneziani (e qualche volta anche i maltesi..) sono stanchi delle autorità costituite, si recano in questi tre luoghi segreti e, aprendo le porte che stanno nel fondo di quelle corti, se ne vanno per sempre in posti bellissimi e in altre storie”.
– Già, Irene, conoscevo questa frase, ma forse allora c’è anche un quarto luogo magico, proprio qui, alle Fondamenta degli Incurabili, e forse è proprio Corto Maltese che ci ha fatti incontrare qui…
– Tu conosci Corto Maltese, marinaio?
– Certo che lo conosco, l’ho incontrato una notte a Pechino, lui era un ragazzino io ero un fante di marina. Ero arrivato lì con la mia nave, l’Elba, era durante il periodo della Guerra dei Boxers, era il giugno del 1900, ma questa, Irene, è un’altra storia…

Testi di Marco Steiner © – Fotografie di Marco D’Anna ©
Non tutti i sogni si avverano, scrittore, però non si dovrebbe mai perdere la speranza…. o smettere di combattere….
Una bellissima storia di storie!!!
grazie Alessandro…per continuare ad andare
E’ così che si scrive, poche righe e subito atmosfera, emozione e un salto dove l’impossibile diventa possibile.
Grazie Paride, sto vivendo un’esperienza incredibile e le atmosfere “alla Corto” mi fanno sentire ancora di più quello che c’è oltre i luoghi comuni. Forse è il navigare per mare, senza soste, con un equipaggio di marinai veri che mi fa andare avanti lungo la rotta di un viaggio che altrimenti sarebbe stato praticamente impossibile. Ho lasciato il Mediterraneo e dopo un passaggio sui livelli di guardia del Canale di Suez, mi ritrovo nel Mar Rosso su un percorso che ha fatto Pratt da ragazzino e sono diretto nelle zone dei veri pirati e degli avventurieri di oggi, Djibouti, la Somalia. Scrivo delle storie che cercano di collegare il presente al passato per poi perdersi nella fantasia.
Non voglio spiegare niente di quello che sto vivendo, voglio solo innescare la curiosità.
“Se devo spiegartelo, non inizio nemmeno a raccontare”.
Questo vuole essere la mia scrittura.
grazie, Paride
ms
“I più disperati sono i canti più belli” diceva Musset…
Grazie a te , Marco
Io ti conosco, Marco, e ciò che mi affascina di te, sono i tuoi occhi, che vedono lo spessore della fantasia, dietro immagini a cui gli altri volgono lo sguardo e non vendendoci nulla, vanno oltre. Per te invece ogni immagine è un punto di partenza, e ci conduci al di là, dove scopriamo con te, che il visibile e l’invisibile coesistono in uno spazio vero, ma fatto solo per i poeti, o per chi sa navigare l’inscrutabile, pieno di segreti e di magia, con gli occhi di un bambino che sa che la vita è un’avventura senza fine.
Meraviglia !
….Una piccola e fantastica grande storia…