Aspettando “Irene di Boston” di Francesco Cafiso in concerto a Palermo (7/8/2021)
Palermo, Piazza Marina 6 agosto 2021
Francesco,
domani sera al Giardino di Verdura di Palermo, suonerai per la prima volta “Irene di Boston, conversation avec Corto Maltese”, sarà un grande concerto, ne sono certo, ho ascoltato le prove, sarà un momento molto emozionante per tutti, per me lo sarà perché è raro e bellissimo vedere e ascoltare un sogno che si avvera. Volevo riproporti la lettera che ti ho scritto dopo il mio primo ascolto del tuo disco.
Eccola:
La scala delle tartarughe
La scala delle tartarughe
Tammy è americana, viene dall’Ohio, segue un progetto naturalistico, studia le Spider Monkeys, è qui da un anno, è sola, vive nella riserva naturale di Brownsberg nel Suriname, la Guyana olandese. Sylva è una guida turistica, ma è anche un’analista chimica e biologa, è nata a Paramaribo, ma i suoi antenati venivano dal Pakistan. Sono due ragazze che amano la foresta, stanno bene qui e non hanno bisogno di troppe comodità, studiano le scimmie e i cambiamenti della natura del parco. A loro servono poche cose, un buon paio di stivali, un binocolo, una cerata, una macchina fotografica, una borraccia d’acqua. Camminare con loro è una continua scoperta, ogni seme a terra ha un significato particolare, ogni pianta ha il suo nome corretto, i fiori sono punti di riferimento nel sentiero. Sanno guardarsi intorno, ascoltano i rumori, riconoscono i piccoli segnali della foresta, la rispettano, per questo non la temono. Hanno paura soltanto dei bracconieri e delle loro trappole per uccidere i cervi, le scimmie, il giaguaro.
Il sentiero scende ripido e viscido verso la valle delle scimmie, non c’è sottobosco, solo centinaia di alberi di specie differenti, le chiome, altissime, s’intrecciano e creano un soffitto verde e compatto, il cielo non c’è, il sole non filtra, forse splende, forse piove, non si riesce a capire. Le piante tendono i rami per raccogliere la luce lassù in alto, qui in basso conficcano le radici a fondo per abbracciare la terra e assorbire le sue umide essenze.
I rumori della selva s’intrecciano come lontani richiami.
Gli uccelli cominciano a comunicare la nostra posizione, poi sembra di sentire una prolungata scossa elettrica, sono le ali di cicale giganti, ad un certo punto sembra di sentire il vento che s’incanala in una gola di pietre, è l’agghiacciante grido delle scimmie urlatrici, Tammy dice che mangiano solo foglie, per questo sono pigre e indolenti, si muovono poco e hanno un metabolismo e una digestione molto lenti. Se ne stanno in gruppo, sedute, e con la loro laringe grande quanto un’arancia emettono in continuazione il loro lugubre suono per tenere lontani i nemici.
Una farfalla blu attraversa il sentiero, segue un suo armonico e imprevedibile percorso, ma le leggende dei popoli della selva dicono che le Blue Morpho possono farci perdere la strada, possono portare in un altro mondo, un mondo di sogni perduti.
Il Ficus strangolatore inizia a scendere dal ramo di un albero come fosse un’innocua liana, raggiunge lentamente il suolo e assimila nutrimento dalla terra e dal suo ospite, fino a diventare sempre più grossa, sempre più forte, fino a trasformare il suo abbraccio in una simbiosi mortale, dove la morte di una creatura consente la vita ad un’altra più forte, dove la violenza è consentita perché conduce all’equilibrio della natura, dove il caos apparente è sintesi magistrale. Dove i cicli si succedono con regolarità e l’anidride carbonica del buio alimenta il verde e l’ossigeno della vita. Perfino l’anophele s’inserisce e rispetta questo ciclo e riduce l’eccesso di popolazione nei luoghi dove la vita dell’uomo potrebbe disturbare quel delicato equilibrio.
C’è un’altra strana liana che scende da un gigantesco albero sacro, è un Kankantri, o albero Kapok, il gigante della foresta, un colosso di 40 metri che s’innalza sulle grosse radici triangolari come fossero ali di sostegno. Nelle notti di vento e tempesta gli spiriti si riparano qui e ricevono le offerte di chi li rispetta o scagliano rami e pietre addosso a chi osa profanare la loro casa. La grossa liana si attorciglia in mille spirali, si sdoppia e si spezzetta come fosse una scala a chiocciola, una primordiale catena di un Dna vegetale.
E’ la scala delle tartarughe.
In un tempo molto lontano le scimmie organizzarono una grandissima festa in cui tutti gli animali erano invitati. Ovviamente la festa si svolgeva nell’ambiente naturale delle scimmie, in cima agli alberi. Gli animali salirono tutti, ma la tartaruga non sarebbe mai riuscita ad arrampicarsi in linea retta sulla liana, così prese a torcerla, lentamente, molto lentamente e, mentre la ripiegava ne ricavava piccoli gradini per non scivolare.
Alla fine, anche la tartaruga riuscì a salire in cima all’albero, ma anche se lo spettacolo della foresta la lasciò senza parole, fu molto dispiaciuta perché la festa era già finita da un pezzo. Così, da quel giorno, quel tipo di liana nacque sempre così, pronta per le prossime feste, pronta per le tartarughe.
Però bisogna fare attenzione, dicono che di notte, sulla Turtle ladder ci dorma il giaguaro.
I disegni presenti in questo articolo sono di Giorgia Oldano
http://www.giorgiaoldano.com/
Nowhere train. Il treno che scivola fuori del tempo.
The nowhere train
Mi sveglio all’alba e il Taj Mahal è scomparso,
se n’è andato da qualche parte, avvolto nella nebbia.
Anche il treno non arriva, un’ora, due, tre, forse di più.
Il silenzio riempie il vuoto del binario insieme a passi stanchi, occhi vuoti.
Treni e vagoni fermi sono carichi di merci, sacchi di juta, pacchi avvolti nella plastica.
Una vacca passeggia tranquilla e le scimmie si aggirano in cerca di cibo da arraffare,
salgono sui piloni arrugginiti per scendere in picchiata verso una busta abbandonata.
Gli storpi arrancano sulle stampelle, bambini e vecchi protendono mani senza speranza, tanto la loro vita non cambia.
Una luce lontana, e il treno sembra uscire da un miraggio, da un miracolo.
È carico di umanità vociante e fantasmi grigi addormentati in posizioni assurde.
Una lunga eterna sosta. Uno scossone, e il mondo si muove,
il paesaggio scorre lento, avvolto nella nebbia
m’avvolgo nell’indefinito, in me stesso, scendo dentro,
spero di arrivare, penso di arrivare, ma qui è tutto kismet, destino.
Un vago timore lentamente si scioglie nel movimento,
i pensieri si staccano come foglie nel vento, volano lontani.
Ha ragione Camus quando dice che “viaggiare non è un piacere perché il piacere ci allontana da noi stessi…”, questo è cercare, fuori, ma soprattutto dentro, un movimento diverso,
forse il distacco che rende puro e sincero lo sguardo.
Gli occhi sono aperti, potrebbero essere chiusi, tanto è lo stesso, come gli altri sensi.
Le voci, le risate sguaiate, l’odore speziato del cibo, sono un’eco di una lontana realtà.
Non ho la minima idea dell’orario,
non ricordo nemmeno la data di questo momento perché tutto si dilata.
Il viaggio scivola fuori dal tempo,
potrei rientrare nella realtà, ma non serve.
Quando si vive il Kismet, ci si lascia sciogliere, come ghiaccio nel fiume,
una lenta trasformazione, il resto è fluire.
Fuori scorrono campi verdi, fiori gialli, alberi, case, uomini chini sulla terra,
accucciati a guardare il tempo che scorre senza andare in nessun luogo
E il treno che passa per un breve momento, come una mosca, un uccello.
Non serve sapere dove sono, il nome della città, di quel tempio lontano.
Non viaggio per sapere cosa incontro lungo la strada,
viaggio per sentire ciò che mi parla e mi cambia, lungo la strada.
La sensazione è libera, vola più lontana della conoscenza.
Marco Steiner 6/1/17
Oltre la polvere
C’è polvere dietro alle ruote.
Polvere dentro alle scarpe. Ma il Viaggio deve continuare.
Moments
I Viaggi non sono imprese, non devono raggiungere niente, non devono dimostrare niente.
I Viaggi sono ricerche di qualcosa di non ben definito alla partenza…di qualcosa di diverso al ritorno.
Mediterraneo
Davanti alla prua di ogni nave ci sono tanti orizzonti.
Sembrano tutti uguali. Blu.
Sono scuri, chiari, con le nuvole, le albe, i tramonti, il sole, la pioggia.
Il vento.
Journeys
Voyage
foto©MarcoD’Anna
The voyage will not teach you anything if you do not accord it the right to destroy you – a rule as old as the world itself.
A voyage is like a shipwreck, and those whose boat has never sunk will never know anything about the sea.
The rest is skating or tourism.
(Nicolas Bouvier. Translated from Le Vide et le Plein)